ODISSEO

Per ascoltare anche la voce di altri, partire da qui.

Non fosse che per il nostro letto, questo legno amico di cui conosco ogni venatura – e come ne luccica polita la grana -, non fosse che per questo dovrei sentirmi finalmente accolto, finalmente al termine, qui, alla fine di ogni cosa brutta e vile della mia vita.

L’odore di zolfo qui non giunge: non vi è anzi odore alcuno, salvo forse quello della polvere tra le pietre del pavimento, della lana tiepida, una traccia di cera, più un ricordo di miele che altro. Continue Reading »

i miei timori infondati e comunque sempre eccessivi

Ieri sera al solito ritrovo del giovedì, al solito stammtisch arriva anche G.

G. non lo conosco tanto ma quel che so di lui mi piace; è una persona gradevole, amichevole, sorridente, di buon umorismo, di conversazione stimolante.  Non si mette mai sotto i riflettori e talvolta scompare nei rumori di fondo, ma c’è nell’uomo molto più di quel che si può scorgere ad una prima occhiata.

Ieri sera all’improvviso osserva senza battere ciglio che io sono un’iconoclasta. Verissimo, penso, e glielo dico, ma mi stupisco, al contempo, che abbia potuto cogliere senza fallo questa mia caratteristica. Mi risponde che è invece evidente, si vede, si capisce, e lo dice col tono pratico di chi potrebbe snocciolare esempi a iosa. E io ammutolisco e cambio colore, perché in quell’istante mi balena il pensiero che sia passato di qui, dal giardino, e che non lo dica per discrezione (ho già sperimentato che è uomo di  ammirevole discrezione).

Sarò scema o no? Certo che sì e per i motivi più svariati: intanto immaginare che abbia scovato questo luogo, poi pensare che abbia provato sufficiente curiosità da leggere, e infine provare il timore della scoperta. Perché diavolo scrivo se non voglio che mi si conosca? La risposta, involuta, è quella di sempre e non mi fa onore: perché scrivere mi piace ma non voglio metterci la faccia.

le ancelle

Tocca anche a loro, dopo tutti gli altri che hanno voci e volto.

Noi siamo qui, siamo presenze nella storia, dotate di voce ma senza parole, senza volti da ricordare. Abbiamo mani affaccendate e occhi che tutto osservavano, mentre strofinavamo le mense dei pretendenti con spugne intrise d’acqua, labbra chiuse, i capelli severi come una cortina tirata. Abbiamo ancora addosso l’odore vivo della tela della regina, che disfacevamo nella notte, tremando come foglie d’autunno.   Continue Reading »

n.10

Pioggia tiepida,

sullo sfondo la sera:

potevo contare i colori del verde.

tecniche di seduzione

– Innocence alarms a man, disarms him, and then charms him.

– Back to a square one. No longer alarmed, but presumably charmed, does the man try to disarm the girl?…for you know, I am the girl in armour.

TELEMACO

Ormai il filo omerico si allunga sempre più…per un viaggio a ritroso partire da qui.

Di mio padre non ho alcun ricordo, solo sensazioni deboli. Un’ombra accanto a mia madre, ma solida e calda, una presenza ammirevole cui non riesco a dare contorni. La sensazione di un conforto lento a giungere ma sicuro –  fino  a poco tempo fa non ho mai messo in dubbio il suo ritorno, sostenuto in questo dalla feroce capacità di attesa di mia madre, dai racconti di Euriclea sempre avvincenti, sempre certi della loro conclusione. Questa nostra vicenda di uomini e donne di Itaca si  è dipanata ai miei occhi come un racconto mitico. Continue Reading »

la stagione nelle vene

“Racconto d’autunno” di Tommaso Landolfi è stata una delle letture indimenticate della mia adolescenza, assorbito così  profondamente, così tacitamente,  che il pezzo che segue fu scritto senza che mi rendessi conto di quello che avevo veramente in cuore – il ricordo del libro. Lo capii anni dopo, e solo ora ho deciso che si tratta di omaggio e non di plagio.

Si stava facendo buio un’altra volta. L’oscurità saliva in silenzio, quasi approfittando del vuoto che circondava ogni cosa. Aveva perso il conto dei giorni. Solo, ogni pomeriggio sedeva sul largo davanzale interno alla finestra, scostava le tende di pizzo pesante e guardava giù, nella valle, il buio che le veniva incontro. Continue Reading »

ELENA

Cominciano a diventare legione, gli uomini e le donne dell’Odissea dentro la mia testa. Euriloco, Penelope, Circe, Antinoo, Calypso, e ora Elena…

Qualcuno potrà forse pensare che la bellezza, la mia bellezza perfetta, sia un peso arduo da portare. Ed io potrei accennare col capo, fingendomi d’accordo, fingendo d’apprezzare chi finalmente ha scorto il nodo segreto del mio esistere, fingendo che in effetti la mia bellezza sia per me un ostacolo, una maledizione, una violenza. Ma io disprezzo questo tipo di finzione. La mia bellezza mi è cara ed è sempre stata la mia miglior difesa, e di essa armata io sono più solida e terribile di Achille in battaglia. Egli è morto, ma nessuno osa scalfire la mia pelle di marmo. Continue Reading »

CONFUCIO

Il pericolo sta nella disattenzione, nello sporgersi un millimetro di troppo dalle tue convinzioni. Come plasmare un impulso, come ricordare un sorriso? Come immaginare il suono della domenica in un cortile a selciato, come indovinare lo schiocco di una foglia al sole? E’ così difficile escludere i rumori di fondo, i colori che confondono. La consapevolezza costante non basta, la rettificazione dei nomi è un ideale irraggiungibile…no, Confucio non basta.

LA RESA

Arrendersi anche solo a un proprio testo implica convinzione, un rossore di piacere che affiora finalmente sulle guance. Lasciar cadere la foglia nell’acqua nel momento in cui tu stesso diventi foglia, diventi acqua. Cogliere quel momento e arrendersi, arrenderlo.

La contemplazione del silenzio nei pomeriggi fermi rende dolcissimo il suono di una voce, come miele inatteso. La solitudine è preziosa, ancor più convincersi a condividerla. E’ un’altra forma di resa: al bisogno di sé, al bisogno di altri, al bisogno e al timore dell’invasione, al desiderio di invadere e di essere accolti.

Cosa urge, da dentro, da sotto, cosa spinge a spezzare con la testa il tetto delle acque? Acque che proteggono e nutrono, che tremano e nascondono e sviano.

Ogni suono e colore è diverso, più uniforme e brillante, pieno di pace, del rumore lontano di un abisso. Dagli abissi di noi stessi emergiamo quasi contro la nostra volontà  e noi stessi siamo, al tempo stesso, il marinaio ammaliato e la sirena che lo addormenta col suo canto indicibile.

La sirena emerge all’improvviso e potresti confonderla con una cresta di spuma, e ti  inebria con la dolcezza di teremin della sua voce, intollerabile piacere, e sale sulla nave e allora ti tocca. Cosa avviene allora, nel suo tocco umido sul tuo braccio? Uccide? Vivifica? E’ comunque micidiale e non è possibile sottrarsi ad esso. Non vorremmo rinunciare al nocciolo del nostro esistere, parliamo di limiti e confini, di boschi di rovi e ponti levatoi, di isole nella corrente – tutto è ancora e sempre circondato dall’acqua. E l’acqua vince sempre.

Abbiamo solitudini personali da rispettare, abbiamo acque da attraversare. Siamo fatti d’acqua, e poco altro, e tanto basta.