l’albero

Ricordo l’albero – era un novembre tiepido

ti conoscevo poco

eri ancora un odore estraneo

eppure

Guillaume de Machaut – Livre du Voir-Dit

j’aime sans penser

lo sentii giungere questo giorno da tempo infinito e non volli credere alla sua ineluttabilità

douce dame jolie

voi Toute-belle voi mia Péronelle come una danza finita come una foglia caduta come l’ultima fulgida estate della mia vita

dame, de qui toute ma joie vient

incredulo della mia gioia in principio, pervicace ora non voglio lasciarla scorrere, non acconsento al trapasso della stagione, vi afferro nell’aria

je vivroie liement

è dunque questo tutto il vero che so dire? Tutto il segreto della vostra chiave d’oro? Tutto il silenzio di una foglia di ciliegio? Non si spiega il crollo del mio cuore con tutta la mitologia del mondo

comment qu’a moy lonteinne

ah la desolazione del ricordo – l’attesa delle vostre lettere, la composizione trepidante di una risposta, il vostro ritratto il giorno che lo contemplai per la prima volta. Udire, vedere, infine toccare…

lasse! comment oublieray

il buio dorato dietro le finestre, fuori il trionfo e la polvere di giugno – felice, felice di nulla vedere, felice anche solo di posare il capo e dormire

dame mon cuer en vous remaint

ho conosciuto il vostro molto dolce cuore, attraverso voi ho conosciuto i miei sensi. Vi servo e onoro con la sincerità di un bambino, di un fiore

evapori il tempo io qui resto e scrivo, e scrivo e credo nella memoria di ogni lettera


buon anno

Bonin bon’ann

campè cent dì, campè cent ann

c’la bona man

la vegn a mì.

Mi dicono in famiglia che il primo dell’anno i bambini andavano di casa in casa a chiedere dolci e regali ai vicini.

A Mantova non conoscevano Hallowe’en…almeno credo.

i miti non mordono

Rinunziare al mito è arduo; il mito è subdolo e ti accorgi di averlo fatto tuo quando è tardi.

Miti sono: Giacomo Leopardi, James Dean, Pierpaolo Pasolini. Il mito muore giovane (hon oi theoi philousin apothneskei neos) e tutto quel che ha fatto o detto diventa vero, perfetto, incontestabile. E’ buono per tutti, preti e anticlericali (penso a Leopardi, soprattutto), mamme con la carrozzina, giovani punk con una birra in mano, critici cinematografici. La faccenda è un po’ più complessa con Arthur Rimbaud, ma con i paraventi giusti e un’illuminazione adeguata la mitogenesi è stata portata a termine con successo. Continue Reading »

giardino

Provo a fare una sintesi, azzardata quanto ogni sintesi: il giardino è una delle più evolute contraddizioni. La Natura, sottoposta ad un accurato, cauto tentativo di domesticazione, anche e soprattutto nel caso dei giardini costruiti per imitarne lo stato selvaggio, la wilderness. I giardini irlandesi sembrano essere particolarmente famosi; io ricordo un orto botanico in Bretagna, affacciato sull’Atlantico, nel mese di aprile, come un fulgore di sorprese ad ogni angolo – ecco, il giardino è sorpresa nascosta in ogni foglia. Tuttavia, quando ne uscii, mi parve altrettanto sorprendente uno sterminato campo di carciofi al di là della strada, una sorta di foresta folta e intricata e perfettamente docile alla mano. Continue Reading »

IL TUFFATORE

Voglio essere un tuffatore

per rinascere ogni volta

dall’acqua all’aria.

Qualcosa di simile deve aver pensato l’efebo che si getta in acqua nell’affresco della Tomba del Tuffatore. Una rinascita, la scoperta di un ardimento nuovo, inimmaginato (la benedizione di un dio nel fondo delle acque vale il rischio, in ogni caso). Continue Reading »

la produzione avanza

E’ strana questa stanchezza che pesa addosso, da tutti i lati, eppure non dispiace.

Sto lavorando duro, ma non me ne accorgo, salvo che nel sonno, quando un movimento di chi è in me, ma è già altro da me, mi sveglia all’improvviso e mi ricorda che in questi mesi non si chiude mai, l’opificio è all’opera e la produzione avanza, minuziosa, silenziosa, inarrestabile.

ALCUNE DI LORO

Demetra che conduce la stagione apre le foglie, inturgidisce boccioli, prevede l’aroma dei frutti nel nero intenso della terra da lei risvegliata. Si compiace di solchi precisi, del ritmo dell’aratura. Appena fioriscono i papaveri scarlatti nel grano se ne adorna. Continue Reading »

a giuni russo

Sei cresciuta come un cedro del Libano

come un cipresso sui monti dell’Ermon

come un olivo maestoso in pianura

sei cresciuta come un platano

come palma in Engaddi e le rose in Gerico

e rigogliosa come lampo di fuoco

fuoco che mi inebria.

E’ l’incipit di una canzone di Giuni Russo, “La Sposa”, che io conosco per averne  ascoltata la versione cantata insieme alle Carmelitane Scalze nel disco “Unusual”. “Unusual”, l’opera postuma meno postuma che io conosca, è uscito dopo la morte di Giuni Russo ed è composto da duetti tra la voce di Giuni e la voce di altri artisti, l’una campionata, l’altra viva, e il risultato è straordinario, commovente e scintillante, nel profondo. Non si tratta di macabro omaggio o di lucro: il disco è un atto d’amore. Continue Reading »

n.11

E nasce l’imbarazzo,

un’onda che vorresti pesante come velluto scuro,

e osservi il tavolo desiderando di finirci sotto

e fissi il bicchiere dell’acqua

e lo svuoti a sorsi affrettati insapori

– lo sforzo di controllarsi fa venir sete –

e intanto lei parla, convinta

– è la pena, la mestizia, non riesci a provare fastidio –

vorresti solo che finisse

e non osi incrociare lo sguardo degli altri

– temi di vedere non il sorriso nascosto ma il tuo stesso allibito pensiero.

Intanto palpiti e presagi e carni ardenti e sussulti e languori senza sosta

– lettere incatenate che vorresti liberare, far coriandoli di quei dannati fogli –

e finalmente torna al tavolo, tutta contenta,

e la tua ormai famosa perfidia non trova parole, non trova lame

– è umanità, calda e penosa, dolente,

vorresti batterle un colpetto sulla mano,

sorridere con approvazione

ma non puoi

perché, che diamine,

quelle poesie, davvero, erano indicibilmente brutte.