Faccio due conti

Quanti cerchi di eccezioni si dipanano da una goccia di regola?

E come calcolare l’imponenza di uno sguardo in tralice,

come misurarne il peso sulle ore del tuo sonno – in minuti? in moti di buio? in macchine che passano?

Colloco una virgola nel discorso

come fosse la barra lucente che definisce il metro.

Allineo moduli, cioccolatini, ricordi.

E sempre mi stordisce la fuga felice delle cose dall’artiglio del mio controllo.

la seduzione è eterna

Questa bellezza

eternamente irresistibile –

quanta bellezza

sbatte contro le finestre

non c’è modo di chiuderle

per fortuna.

 

 

“la rusalka” di alexandr puskin – riscrittura in forma di favola

La Rusalka è un’opera teatrale di Alexander Puskin, rimasta incompiuta. Qui il testo, tradotto in italiano, che resta interrotto sul più bello, come da manuale. L’argomento della ninfa d’acqua dolce, ondina malevola e inesorabile, doveva esercitare un certo fascino sullo scrittore, che nel 1819 scrisse anche un poema sull’incontro fra una rusalka e un monaco: qui il testo tradotto in inglese. Ho escluso i testi originali russi per la semplice ragione che non parlo una parola di russo e non sono in grado di giudicare una pagina web in quella lingua.

Da bambina lessi questa storia in forma di favola e ne restai folgorata. Adesso ho deciso di riscriverla, con qualche variazione sul tema.

Sul fondo del Dnepr, nel punto in cui il fiume faceva una curva lenta, e dove era poco largo, ma molto profondo, vivevano le rusalke. Uscivano a sera, emergendo dall’acqua, e sedevano sulle sponde a chiacchierare e cantare, pettinando le lunghe ciocche verdi delle loro chiome, scuotendo l’acqua dalle morbide, lisce braccia. Poiché attiravano viandanti e bambini nell’acqua, uccidendoli per via di un oscuro risentimento incomprensibile per gli uomini, il luogo era poco frequentato dalla gente del paese vicino. Continue Reading »

non torna

E’ che, se fossi superstiziosa,

potrei credere che lo scricchiolìo di notte, la saliera che non trovo più,

quel poco di vento che smuove una foglia,

dico, potrei credere che è lei che torna, ogni tanto.

Ma la saliera è solo sull’altro tavolo,

e in effetti un bimbo si muove nel sonno,

ed io non riesco a pensare che i morti ritornino.

Oggi l’ho vista, la foto sul marmo, oggi è morta davvero.

appunti di viaggio II

La pace, come la luce, che serena trascorre sull’Olimpo.

Il canto delle cicale diventa materia densa, ammaliante come la pasta d’oppio del conte di Montecristo. Scivola tra le crepe dei sensi. O tzitzeras o mitzeras.

A volte ho l’impressione che il mare mi fissi, verso l’ora del tramonto, quando cambia colore come cambiano gli occhi all’abbassarsi delle ciglia. Mi scruta e ha mille volti, diversi, reali, umani.

Le sirene dimorano in molti luoghi. Come scegliere uno scoglio solo, con tutto questo cielo da osservare voltandosi, al di sopra la spalla, con tutto il mormorìo segreto dell’acqua?

Scendi dalla barca. Fèrmati.


appunti di viaggio I

Tutto quello che ho visto, è stato davvero molto.

Una baia stretta e azzurra, le rive così vicine da poter contare le foglie degli alberi.

Una casa insaponata di calce bianca, ridondante di conchiglie e girasoli. (Avevo mai pensato, prima, al profumo del girasole?)

Le sfumature di verde e di azzurro mi facevano pensare alla povertà della mia lingua e di tutte quelle che conosco, bene o male. Non riuscivo a definirle.

La cosa che sconcerta è il silenzio, in fondo. D’accordo, le vele fremono, le sartie vibrano come una lira (come una lira!), il mare violetto fruscia sotto di te…ma è il silenzio, è veramente il silenzio a dominare tutto. L’assenza di un rumore meccanico, costante, di un ronzio dovuto ad una spina allacciata alla corrente elettrica. Il vento e basta, e davvero capisco che ci vuole un dio, per governarlo.

I delfini hanno dorsi grigi e muscolosi, lucenti d’acqua. Ti irridono, bonariamente, ne sanno più di te. Prova a passare sotto una prua lanciata con un vento a 30 nodi, prova un po’, se ti riesce.

9 luglio 2011

Ho toccato il foulard e mi è parso tiepido delle sue mani

– orecchini spaiati, camicie da notte piegate ancora nei cassetti –

entrando nella stanza ho respirato piano, attendendola,

ma lei non c’era,

è cenere in attesa di collocazione,

un nome da incidere sulla placca di marmo,

una saponetta alla rosa su un ripiano vuoto,

posata anni fa, senza profumo.

Le cose pensano e ricordano.

Le ho ascoltate per capire

se almeno questo l’ha scelto lei,

di non chiamare più nessuno, di lasciar fermare il respiro

chè, tanto, a casa non sarebbe più tornata.

E dunque. Tutto nitido, tutto presentito.

Però io piango lo stesso, piango per me,

e non trovo un luogo

dove riporre l’amore che non dovrò più usare.

estate

Ecco cos’è l’estate.

Sono liste di abiti, ciotole d’insalata, il canto di uccelli nel sonno.

E’ l’incertezza, il pensiero sinistro, il turbamento che leggi nelle tende che si muovono piano, di notte, a un vento invisibile e silenzioso.

E’ pensare alla luce in molti colori di sole, di bianco, di schiume chiare.

Leggere di amori passati come se ancora dovessero nascere, con l’arsura di un letto di ghiaia dopo giorni senza pioggia.

fine stagione

Mi girava intorno l’esistenza di una sera estiva e piovosa. Fili che si tirano e si allentano, conversazioni troncate, sguardi lasciati a metà.

A tratti, assoluta estraneità. Sensazione d’ombra, d’aria nelle ossa. Anche il rossetto color corallo è un manto di invisibilità.

Ascoltavo, con attenzione direi. Non un passaggio perduto, nè uno schiocco del cellulare alle mie spalle. E intanto pensavo al confine  tra maldicenza e pettegolezzo e mi sono concessa cinque minuti di auto rieducazione maoista.

mail mai spedita all’amico innamorato

A volte è troppo difficile ammettere anche solo un’incrinatura.

Così, tu. Tu scrivi per lei, per la gitana. Afferri pulviscoli nella luce. Trattieni i fili sottili dell’innamoramento con tutte le tue forze, tutti i fili, come di innumerevoli aquiloni. Gridi ogni volta, ti batti il petto con una pietra come fosse uno strumento musicale.

Lo sai, non credo che basti. Non basta dire continuamente l’amore per farlo esistere, per farne perdurare gli umori, i succhi deliziosi.

Ma poiché ogni metodo è buono quando funziona, speriamo che funzioni, caro amico.