1 dicembre, mattina

Com’erano queste mattine

scricchiolanti di gelo,

l’odore delle stalle, i campi in riposo

e tu a cucire, a stufa quasi spenta?

Erano davvero diverse da adesso,

quando mi fermo sotto la foto

e respiro piano, e attendo

e il dolore arriva bianco a chiudermi gli occhi?

lì, davanti

Ma come ho potuto

temerti

evitarti

rinunciare al sole tra le foglie di quel giardino

non entrare in quella libreria dove prima amavo sostare

schivare i ricordi come sassate

annacquare i colori

odiare il postino.

 

Poi un giorno in mezzo alla piazza

un volo di piccioni mi ha come attraversato

e i sensi di colpa si sono accartocciati, bruciati,

ed erano fiamme allegre, quelle.

…and again

Watching an upturned leaf

makes green a different thing

turns this Autumn

into a sumptuous Spring.

a charming trial, again

You draw a lightning

then sing a thunder

and wait for the rain to come

on the stream of consciousness.

a new, charming trial

A gull crying from above the roof,

a frog calling from the nearby river.

A strand of mad white

clouding the summer blue.

NELL’ACQUA: LE RUSALKE

Fin tanto che l’onda dove sei nata ti cullerà,

non desiderare mai di avere un’anima, certo no,

perché un’anima è il peccato.

Come molte sorelle, non necessariamente acquatiche ma certo dotate di poteri misteriosi, le rusalke sono bianche e verdi. Il bianco è della pelle che si scorge appena, il verde è dei lunghi capelli, gemelli inquietanti delle alghe che si snodano piano sul fondo dei fossi, nelle lanche dei fiumi, al bordo degli stagni: colori, questi, caratteristici delle donne magiche e ambigue che percorrono le storie dell’infanzia e la storia del mondo.

E’ molto raro che le fate e le sirene indossino gioielli e, se vestono abiti, sono quasi sempre bianchi o verdi. (Qualcuno dice che le rusalke vestano lunghe gonne di colore verde, solo la domenica di Pasqua.) Continue Reading »

silenzio definitivo

Forse dovrei davvero tacere per sempre. C’è un tale pieno di voci, intorno. Avvertirei la perdita della mia?

La preparazione è lenta, una sfida a sottrarre. Non ho fretta. Mi abituerò al silenzio.

Mi accosto all’immobilità dei sassi spostando ad uno ad uno i fili d’erba.

PASSAGGIO A LIVELLO

Caro Jannacci, se anche tu avessi scritto questa soltanto, sarebbe comunque impossibile dimenticarti.

Fermi a un passaggio a livello

mi hai parlato di te in un tono che io non conoscevo.

Piano mi hai sfiorato la mano, sussurrato parole dimenticate.

Ma in un baleno è schizzato via il treno

abbiam smesso di guardarci – poi mi hai chiesto se era un merci.

“Torna a parlare di te, a parlare del cuore, delle cose dimenticate”

“No”

mi hai guardato ridendo, sei rimasta lì, muta, muta come t’ho conosciuta.

l’arte della tessitura

Qui si sta

dietro al telaio

le mani sulla trama

senza distrazione

in luogo incerto

tra esistente e pensato.

 

I fili chiamano, chiedono.

Questo abbiamo, e una fiamma che brucia.

La dedica

Da bambina pensavo

“Le dedicherò questo, le dedicherò quello”,

immaginavo un libro su un giardino,

con margherite e rose parlanti.

Ora restano libri mai scritti,

e pianti improvvisi,

talvolta il pettine che mi regalasti.

Ci ho ripensato:

non posso, davvero non posso

riporre l’amore che ancora ti devo,

il bene che ancora ti voglio.