STUDIO IN BIANCO

bai zi

leukòs come la luce sull’acqua

canutus come la barba del profeta e la neve sul pino

bái come il sole con un piccolo accento, o il dito che lo mostra quando appena si leva?

Blanche come un nome incantevole

blanched come le verdure sbollentate e appunto sbianchite

candido è panna che sgocciola lenta come l’aggettivo

white like chalk

PENELOPE

Euriclea mi ha detto che oggi sono bellissima, come se mi fosse caduto dalle spalle il dolore, eretta e più bianca dell’avorio tagliato. Sarà per questo che le ancelle mi osservano tanto, quest’oggi: la mia bellezza appassita, spenta dagli dèi, sembra aver trovato nuovo vigore nel sonno.

Ora scenderò nella sala e li affronterò di nuovo. Non sono ancora finite le mie astuzie. Credono forse che le mie risorse si siano esaurite con l’inganno della tela?

Quella fu una buona idea, comunque, ottima anzi, finché è durata. Mi rallegra ancora il pensiero del loro disappunto, di fronte a quella tela che non finiva mai.

Sono salita a prendere l’arco e le frecce; il passato mi ha colpito di nuovo nel cuore, ho pianto ancora, a lungo, su quell’arco. Com’è possibile soffrire ancora così intensamente, dopo tanto tempo?

L’arrivo dell’ospite straniero di Telemaco mi ha turbato e, inspiegabilmente, infuso nuova speranza. Mi sorprendo di me stessa: aver parlato con tanta confidenza ad un perfetto estraneo! Tanti sono venuti assicurandomi il prossimo ritorno di Odisseo, perché fidarmi proprio di costui?

Stanotte l’ho sognato di nuovo, il mio signore, giaceva nel letto, accanto a me; qualche nume prova certo piacere a tormentarmi con questi sogni che mi risvegliano al pianto.

E ora, questa gara. Sono giovani e valorosi, i miei pretendenti, e così stolti e insignificanti al tempo stesso. Nessuna loro offerta, nessun loro invito mi ha mai tentato: apparterrò solo a me stessa, se non avrò mio marito.

Intanto, però, ho ottenuto doni sontuosi…quel monile di ambra e oro è un oggetto di bellissima fattura e gran pregio: brilla come il sole. Che paghino, almeno in parte, tutto ciò che divorano e sciupano in questa casa.

Li sfiderò a tendere l’arco di Odisseo e a scagliare una freccia attraverso il foro di dodici scuri. Quest’arco così ben costrutto e sontuoso, di corno liscio…ricordo, gemeva con strido di rondine quando egli vi si esercitava.

Sento in casa, quest’oggi, come una caligine densa; Teoclimeno, l’indovino giunto insieme a Telemaco, ha profetato sventure e se n’è andato, come atterrito dalle proprie visioni.

I miei pretendenti l’hanno deriso, naturalmente. Ma quest’aria funesta, questa sventura di temporale, anch’io la sento.

Si è fatta l’ora; le ancelle hanno sollevato il cesto delle scuri, io porto l’arco sulle mie braccia.

Ed ora sono qui, avvolta nel mio scialle come in un’armatura, esposta ai loro sguardi e tuttavia remota, qui accanto al pilastro.

Qualcosa di terribile e meraviglioso sta per compiersi. Nel mio cuore avverto orrore e delizia, e un presagio di quiete, infine.

La perfezione

Un té ben fatto,
nella tazza del colore giusto,
da bere quando fuori fa caldo
e in casa non ancora.

EURILOCO

Io non ho udito le sirene.
Odisseo mi spalmò le orecchie di cera, come a tutti i miei compagni, e si fece legare stretto, poco prima di raggiungere quello scoglio. Mi chiese di vegliare, di impedirgli di liberarsi, di non ascoltare le sue richieste di sciogliere le corde.
Ora io credo senza dubbio all’esistenza delle sirene, ora che ho visto nei suoi occhi tutta l’ossessione instillata da quegli esseri; mai, mai, nei lunghi anni della nostra amicizia, io, Euriloco, compagno fra i più cari di Odisseo, mai avevo visto Odisseo pregare e disperarsi, supplicare senza vergogna, folle come una ménade. Ci vollero tutta la mia forza e quella di Perimede per impedirgli di liberarsi e di gettarsi in acqua; sono certo che non sarebbe riemerso mai più. E chi siamo, io e gli altri compagni, chi saremmo, privati di Odisseo?
E tuttavia, le sirene…
Dopo aver lasciato la terra stregata di Circe, ho sospettato che la maga gli avesse fatto bere qualche farmaco, qualche infuso di erbe sconosciute e funeste; ho creduto che Odisseo fosse impazzito, quando ci parlò di loro. O che avesse perduto il favore degli dèi, e gli dèi fanno impazzire coloro che vogliono perdere.
Ma non ora, non dopo che ha udito il canto delle sirene; era esultante, dopo aver superato gli scogli, come avesse trionfato su un fato avverso e maligno.
Eppure non riesco a invidiargli l’esultanza; egli sa qualcosa che a tutti noi è negato. Se mi avesse permesso di ascoltare insieme a lui le sirene…
Questi esseri fatti di sola voce, queste fanciulle di cui non ho potuto scorgere né il piede nel sandalo, né il biancore della veste, cosa gli hanno detto? Lo conosco: non gli hanno certo parlato di piaceri e bellezza. Questo non l’avrebbe reso così avido di ascoltarle. Quali promesse di conoscenza gli hanno fatto?

Qui, sull’isola del Sole, abbiamo troppo tempo a disposizione. Siamo qui da un mese.
Ho ore e ore assolate e immobili per pensare, e i venti utili ai marinai tacciono, tutti. Abbiamo finito il pane e il vino, e l’isola è avara di uccelli e pesci.
Trascorriamo il tempo a osservare quelle splendide giovenche bianche dalle corna lunate, immaginando rossi, succulenti cosci che arrostiscono sul fuoco. Odisseo ci ha proibito di toccare gli animali, ci ha minacciato e poi quasi implorato. Lui, implorare!

Oggi si è allontanato.
Nel silenzio, mi sembra di immaginare il suono del grasso che cola dalle carni, sfrigolando nelle fiamme.

ADDESTRAMENTO

Sono stata addestrata ad essere una secchiona.
Scopro trent’anni dopo che chi mi ha addestrato preferirebbe di molto che mia figlia non studiasse troppo e non nutrisse insana passione per i libri.
E’ un grande peccato che io mi sia adeguata con tanta solerzia, tanto tempo fa e per sempre.

N.1

L’esposizione non basta mai.

Abbrònzati ancora

al sole di Facebook , di Youtube.

Proteggiti con creme colorate,

con bicchieri da cocktail,

con sorrisi scemi,

con una frase di Gibran.

Non ci sono più i romanzi di una volta

Ho letto la produzione completa di Jane Austen, in inglese e in italiano (anche in più traduzioni, all’occorrenza). Ho letto anche i frammenti di romanzi incompiuti; ho visto, anche se sarebbe più corretto dire esaminato fotogramma per fotogramma, numerose riduzioni televisive e cinematografiche; le migliori restano quelle prodotte dalla BBC negli anni ’80 e ’90, la peggiore di sempre Orgoglio e Pregiudizio con Keira Knightley che si lappa il pollice dopo aver ingoiato un cucchiaio di zuppa (cucchiaio, per inciso, brandito come una vanga: ma dove siamo?).

A proposito di Orgoglio e Pregiudizio, mi duole ammettere di non essere riuscita a mettere le mani su un audiolibro letto da Mariangela Melato.

Comunque sia…

Adesso devo proprio farmene una ragione, che mi piaccia o no: quei libri sono finiti, la Austen non ne ha scritti altri. Mi piacerebbe molto che venisse scovato un inedito, ma non mi abbasserò a leggere i sequel scritti dalle epigone, i gialli con la Austen in versione detective, la fanfiction più deteriore.

Però…sigh…

L’autunno del Medioevo

Si deve pur ricominciare da qualcosa. Aprire la valigia vuota e darle aria, o scegliere la biancheria e piegarla sulla cassettiera, in attesa di infilarla nel bagaglio. Lucidare le due paia di scarpe che porterai con te. Comprare un nuovo paio di occhiali da sole…
Io ricomincio da L’Autunno del Medioevo.
Lo sto leggendo assaporandolo a poco a poco; ne avevo rimossa la lettura, negli anni, non saprei dire per quale ragione. Adesso è tempo che lo legga, ho deciso in libreria qualche settimana fa.
E’ un libro dal linguaggio deliziosamente antiquato, o meglio lo è la traduzione italiana che sto leggendo; per certi aspetti ricorda la traduzione di Orgoglio e Pregiudizio pubblicata dalla BUR ancor oggi, e che risale agli anni 40.
Huizinga accompagna sulla soglia del mondo personaggi ora oscuri e minimi, i grandi del loro tempo, gli autentici VIP del 1400. E’ come se li sospingesse nella vita di oggi con mille precauzioni, con sguardi di scusa e richiesta di comprensione agli astanti, ai lettori che attendono. Si tratta di uomini, tuttavia, che una volta affacciatisi da dietro l’arazzo non hanno alcun timore a parlare di sé.
Mi ha sbalordito la capacità di dar vita ad un mondo culturale straordinariamente complesso, che ne emerge ricco e grondante, e che mi fa pensare irresistibilmente ad un arazzo: gli alberi e i cespugli sono un po’ troppo identici gli uni agli altri, i balzi dei cani da caccia irrigiditi in uno slancio ipertrofico, i ventri delle donne descrivono la stessa identica curva vegetale…e tuttavia si tratta di opere pazienti, laboriose, eseguite con precisione, spesso di dimensioni cospicue, opere che hanno sfidato i secoli e l’hanno in molti casi spuntata, composte di mille minuziosi particolari, realizzate con la precisa intenzione di non escludere nulla, non di spiegare ma di lasciare l’esercizio all’intuizione, al talento, al gusto.
(Mi piace moltissimo, quando ho l’impressione di trovarmi di fronte a qualcosa, qualcuno che onora l’anima delle cose).
Intendiamoci, ho letto palate di studi sul Medioevo, ma dar vita al passato è un talento di pochi (e trovo che in generale ci riesca molto meglio la letteratura scientifica che non la narrativa).
Questo libro mi fa pensare anche ad una delle mie opere predilette: gli affreschi incompiuti del Pisanello al palazzo Ducale di Mantova.
Non è l’incompiutezza a renderli simili, chè anzi il saggio di Huizinga è straordinariamente organizzato, limato e conchiuso, bensì lo svelamento di dettagli infinitesimali come una squama di pesce o una gemma in un castone, il discorso ampio e aureo che approda al cuore inutile di un labirinto, ad un autunno, appunto, i cui frutti cadono senza essere assaporati da nessuno…