catalogo di té

Yin Zhen è un velo di seta trasparente, profumato di rose bianche: il mondo che vi osservi attraverso è nitido eppure diverso.

Feng Huang Dan Cong ha le foglie croccanti e il sapore dei frutti, è il succo del lizhi che serpeggia per il mento quando infrangi il guscio sottile coi denti.

Tamaryokucha è verde, denso e breve come il vento quando porta l’odore dell’erba appena tagliata.

Ko Kant ha il suono austero di una campana solitaria, sulla lingua è incenso amaro e squisito.

Lapsang Souchong non fa rimpiangere né whisky, né castagne, né fumi d’autunno.

Tie Guan Yin è un filo di ferro avvolto in velluto.

Long Jing  è un drago benevolo che offre l’acqua del suo pozzo.

INNAMORAMENTO E LETTERATURA

Da qualche giorno sto rileggendo “Possessione” di Antonia S. Byatt. Si tratta di un romanzo che ho molto amato e che, riletto a distanza di alcuni anni, ha guadagnato ancora molto ai miei occhi. Insomma, lo candido senz’altro a classico.

Ho cominciato a rileggerlo per via della storia di Melusina e delle leggende bretoni, ma mi sono poi soffermata con particolare attenzione sulle pagine in cui viene riportata la corrispondenza tra Christabel LaMotte e Randolph Ash. Anni fa quelle pagine erano cadute come un turbamento, una consapevolezza nascosta che negavo perché legata ad esperienze ancora molto recenti e che non amavo rievocare: l’innamoramento che nasce dalla condivisione dei gusti letterari, talvolta dalla condivisione degli stessi testi. La menzogna è trasparente da subito, e tuttavia gli attori sinceramente non se ne accorgono. Confondono il fine, ancorché non dichiarato, coi mezzi; credono di parlare di Dante, ma parlano d’amore. Continue Reading »

MERLINO E VIVIANA

La storia di Merlino e Viviana mi perseguita dall’infanzia; quanto segue è stato elaborato nel corso di circa 15 anni – quanto tempo per così poco. La storia arturiana è vaga e multiforme e gli stessi personaggi, a seconda delle versioni, sono profondamente differenti. Io ho trovato particolarmente convincente la lezione di Michel Rio, ma nel caso di Viviana ho privilegiato l’aspetto del confine, del limite, della seduzione: la sua forma è, per come la vedo io, la forma dell’acqua. In Viviana vedo le Sirene e Melusina e mi chiedo ancora se il loro tocco vivifichi o, come voleva Leonardo, uccida.

Quando aprì gli occhi era di nuovo giorno.

Non si mosse, restando assorto: respirava e percepiva, come sempre, il ritmo delle nuvole e delle foglie dentro le proprie vene. Aprì le labbra in un sorriso antico, screpolato di rughe, pieno di seduzione. “La seduzione della mente, della volontà” gli aveva detto una volta Artù, ammirato e timoroso. Uscì dalla grotta lentamente, soffermandosi sui propri passi.

Le farfalle arrivarono in frotta, bianche e gialle: l’aria stessa odorava di battiti lievi e inquieti. Brillavano nel sole, cercandone i raggi che filtravano tra le foglie degli alberi, e lo circondarono, come se stessero saggiando il suo corpo. Nessun tocco di donna avrebbe potuto essere più insensibile e sensuale al tempo stesso…quasi nessuno, almeno. Sorrise di nuovo.

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Il Museo di Man

L’estate 2002 fu quella del viaggio in Galicia. Dotati di una cartina Michelin fortunatamente datata, ci perdemmo su strade nuove in mezzo a parchi eolici, sterrati biondi tra rovi, riserve di caccia di dimensioni sconcertanti. Merito delle querce, dei castagni immensi? (Ma poi, sul serio esistono ancora le riserve di caccia?)

Un pomeriggio luminoso, bianchissimo, immobile arrivammo a Camelle, un paese con un unico bar, un’unica strada, una sola salita verso il mare – oceano, anzi, curiosamente fermo e assopito quel giorno. Ci suggerirono di visitare l’unico museo del luogo, ci indicarono la strada che finiva nell’oceano, dove avremmo trovato il Museo del Alemán. Continue Reading »

i nove canti – LO SPIRITO DEL MONTE

Questa seconda poesia è decisamente più complessa e irta di difficoltà rispetto alla prima, pubblicata qualche tempo fa. Il dialogo, in questo caso, non è sottinteso ma evidente, anche se il ruolo degli attori dà qualche grattacapo.

La presenza di fiori e piante è onnipervasiva; a scapito di una perfetta corrispondenza botanica, ho privilegiato l’identificazione con vegetali che facciano parte dell’immaginario di un lettore moderno, che scatenino evocazioni. Così ho preferito lo zenzero al baccaro comune (???), l’edera al fico rampicante (che fa un po’ troppo catalogo Ingegnoli) e il convolvolo alla cuscuta, che malauguratamente si chiama proprio così, cuscuta, in italiano. E che comunque fa parte delle Convolvulacee.

A parte le considerazioni di carattere botanico – e la colpevole carenza di un dizionario cinese di botanica in casa -, e soprattutto le difficoltà incontrate nel trovare un filo di logica che leghi la poesia come uno stelo d’erba, alla perfezione, “Lo spirito del Monte” colpisce per la resa del dolore d’amore, dell’ansia dell’abbandono, e per la presenza di un paesaggio aspro, affascinante e terrificante al tempo stesso, un luogo fatto di mistero, di paura e di desiderio incoercibile. Lo spirito (gui, in questo caso, cioé spirito – in cinese moderno anche fantasma –  ma pure jun e gongzi, signore e giovane signore, principe, e lian, entità divina come nella poesia precedente) genera il bisogno nella donna, un bisogno di vicinanza, di adesione che supera i timori, gli imbarazzi, la difficoltà della strada, ma che dà come risultato una cupa solitudine.

Come nel primo caso, e più ancora, mi riservo la libertà di ritoccare successivamente la traduzione.

Sembra ci sia qualcuno – hsi…- nella piega del monte,

tralci d’edera l’avvolgono – hsi…- il convolvolo gli cinge i fianchi.

Ecco, egli mi contempla – hsi…- e sorride con approvazione.

“Signore, tu mi osservi con desiderio – hsi…- la mia grazia ti ha ammaliato.”

Alla guida di rossi leopardi – hsi…, linci screziate al mio seguito,

monto un carro di magnolia – hsi…, e di cassia ho intrecciato la mia bandiera.

Orchidee mi rivestono – hsi…, la mia cintura è di zenzero in fiore.

Colgo fiori soavi- hsi… per donarli a colui che domina i miei pensieri.

Ora dimoro in un silenzioso bosco di bambù – hsi…

così fitto che non vedo il cielo;

la strada è impervia e pericolosa – hsi…

e sono giunta ormai tardi, in solitudine.

Mi ergo sola, sulla cima della collina – hsi…

le nubi avvolgono ogni cosa – hsi…, attorno e sotto di me

Buio a perdita d’occhio -hsi…anche la luce del giorno s’oscura.

S’alza il vento d’oriente – hsi…- gli spiriti mandano la pioggia

Io qui attendo il dio e indugio – hsi…- dimenticando la via del ritorno.

Ormai l’anno è avanzato – hsi…chi mai mi ridarà i fiori della giovinezza?

Sui monti raccolgo l’erba che tre volte fiorisce -hsi…

fra rupi e rocce dove striscia e s’abbarbica l’edera.

La nostalgia di lui – hsi…mi fa dimenticare del ritorno

Il mio signore mi pensa – hsi…ma non può soffermarsi.

L’uomo della montagna  – hsi…fragrante di erbe profumate,

beve acqua che sgorga dalle rocce – hsi…si ripara dal sole all’ombra di cipressi.

Il mio signore mi pensa – hsi…eppure esita, indugia.

Rombano tuoni – hsi…, la pioggia oscura l’aria,

le scimmie stridono, gemono- hsi…per quanto è  lunga la notte.

S’alza, soffia il vento – hsi…gli alberi stormiscono lugubri

Io penso al mio giovane signore – hsi…la dedizione a lui mi ha portato solitudine e dolore.

N.2

Certe cose
sono amore, mal di cuore,
pianto, solitudine,
sofferenza infinita,
gioia inestinguibile.
Sono confidenze, al limite.
Ma mi atterrisce l’idea
che possano diventare letteratura.

i nove canti – Il signore delle nubi

Lo sciamano e la sciamana di queste poesie cinesi sono individui estaticamente innamorati, perdutamente rapiti.

Per essere franca, detesto un po’ la parola sciamano, per via dell’abuso che se ne fa; in cinese l’individuo eletto e dannato, l’innamorato della dea, l’amante del dio si chiama wu.

Costoro vivono la delusione infinita di una storia d’amore conclusa e la tragedia dell’abbandono. Si immergono nei profumi dei fiori e delle erbe, intrecciano steli, si bagnano con acqua d’orchidea; del mondo degli uomini nulla vedono, danzano a occhi spalancati cercando la principessa in arrivo sul fiume o il dio che scende in lunghe spire dalle nubi. Ansimano di attesa, di piacere trattenuto, infine di pianto amaro.

Gli déi li investono con il loro amore numinoso, feroce, vendicativo; pretendono la schiavitù del cuore, ma si riservano il capriccio di abbandonare.

I testi non descrivono mai il momento del possesso, il culmine dell’estasi e tuttavia lo lasciano intuire, proprio con il loro silenzio, con chiarezza sconcertante.

Le poesie, nella lingua originale, hanno un ritmo arcano e sono squisitamente concise; i versi sono ritmati da un suono (aah? hsi?) ansimante, dalla voce vera dell’uomo e della donna che faticano a respirare normalmente, in presenza del dio, durante la danza.

La traduzione dei brani è ardua e in molti casi sono possibili svariate interpretazioni; l’assenza di soggetto, in una lingua non flessiva come il cinese, rende ancora più ambiguo il significato in molti luoghi: mentre è evidente la compresenza, sulla scena dell’azione, di individui di sesso diverso, non sempre è chiaro chi dica o faccia cosa. E tuttavia la magia, nel senso più puro, delle poesie, rimane perfettamente intatta.

Le poesie sono databili intorno al IV secolo a.C., e appartengono a luoghi e civiltà precedenti all’avvento degli Han, che segnarono l’inizio della cultura cinese nei suoi aspetti più familiari (unico potere centrale, confucianesimo e strutture sociali conseguenti,  sofisticata struttura burocratica…). Ma non scriverò altro, ora tocca alle poesie.

Comincio con “Il signore delle nubi” (Yun zhong jun), una delle più brevi e, per me, di traduzione accessibile. E’ molto probabile che tornerò a rivedere questa traduzione in futuro, ad ogni modo.

Mi sono bagnata con infuso d’orchidea – hsi..

Ho lavato i capelli con acque profumate – hsi…

Ho vesti di mille colori – hsi…- sono come un fiore.

Il dio si snoda in lunghe spire – hsi…- ed ecco si è fermato.

Brilla, brilla – hsi… – di luce senza fine.

Presto riposerà- hsi…- nel Palazzo della Lunga Vita.

Come il sole e la luna – hsi…- risplende e rifulge.

Su un carro di draghi- hsi…, magnifico d’aspetto,

il suo volo invade il mondo intero.

Il dio era disceso – hsi…- splendido, maestoso,

Ma ecco – hsi…- ora si allontana come tempesta, in alto, tra le nubi.

Osserva le terre di Jizhou – hsi…- e ancora più in là,

Oltre i Quattro Mari – hsi…- ovunque egli giunge.

Io penso al mio signore- hsi…-, e molto sospiro.

Soffre il mio cuore – hsi…: di dolore mi consumo.

jing ye si – pensieri nella notte tranquilla (una poesia di li bai)

libai001

Davanti al letto, risplende il chiarore lunare…
o forse è brina che ricopre la terra?
Alzo il capo, a contemplare la luna luminosa.
L’abbasso, pensando al paese natìo.

zodiaco

Non credo nell’oroscopo
non conosco i segni zodiacali
me ne fotto della carta del cielo
me ne rido dei tarocchi.
Che altro?
Uso Astra per accendere il camino
– è l’ideale per un bel falò di superstizioni.
E non rompetemi i coglioni con l’ascendente,
anche se me lo calcolate me lo scordo.
Contemplate e chiudete il becco.

Swinburne: love and sleep

Lying asleep between the strokes of night
I saw my love lean over my sad bed,
Pale as the duskiest lily’s leaf or head,
Smooth-skinned and dark, with bare throat made to bite,
Too wan for blushing and too warm for white,
But perfect-colored without white or red.
And her lips opened amorously, and said–
I wist not what, saving one word–Delight,
And all her face was honey to my mouth,
And all her body pasture to mine eyes;
The long lithe arms and hotter hands than fire,
The quivering flanks, hair smelling of the south,
The bright light feet, the splendid supple thighs
And glittering eyelids of my soul’s desire.

Giacendo nel sonno, nelle ore della notte,
vidi il mio amore chino sul mio triste letto,
pallida come il petalo o la foglia di un giglio crepuscolare,
liscia di pelle, e bruna, la gola nuda offerta ai morsi,
troppo diafana per arrossire, troppo calda per esser bianca,
ma di colore perfetto, senza bianco né rosso.
E le sue labbra si aprirono amorosamente, e disse
– cosa non so, eccetto una parola – Delizia,
ed il suo volto tutto fu miele sulla mia bocca,
e tutto il suo corpo nutrimento per i miei occhi:
le lunghe, agili braccia, le mani più brucianti del fuoco,
i fianchi tremanti, i capelli, fraganti come il sud,
i chiari lievi piedi, le splendide, morbide cosce
e le palpebre brillanti del desiderio della mia anima.