Ormai il filo omerico si allunga sempre più…per un viaggio a ritroso partire da qui.
Di mio padre non ho alcun ricordo, solo sensazioni deboli. Un’ombra accanto a mia madre, ma solida e calda, una presenza ammirevole cui non riesco a dare contorni. La sensazione di un conforto lento a giungere ma sicuro – fino a poco tempo fa non ho mai messo in dubbio il suo ritorno, sostenuto in questo dalla feroce capacità di attesa di mia madre, dai racconti di Euriclea sempre avvincenti, sempre certi della loro conclusione. Questa nostra vicenda di uomini e donne di Itaca si è dipanata ai miei occhi come un racconto mitico. La mia vita è reale e inaspettata ogni giorno, eppure ho sempre visto con chiarezza la fine di tutto questo: il ritorno di Odisseo. Allora il mito si chiuderà e io non avrò più nulla da attendere, ma solo ignoto da conquistare e conoscere.
Di questo non avevo mai dubitato in precedenza, anche se ero troppo giovane per aver parte attiva nell’azione (ci ha pensato mia madre, lei sì, ad agire quanto bastava). Ma da quando sono stato da Nestore e poi da Menelao, a Sparta, ho avvertito infine un principio di cedimento. Gli occhi di Elena non mi hanno concesso speranza o compassione, quegli occhi terribili in cui si rispecchiano le paure dell’interlocutore. Ecco perché il suo sguardo è insostenibile, ho pensato: non per la sua bellezza o magia, ma la sua purissima mancanza di pietà. Infatti mi ha offerto il nepente, quasi per giustificarsi, e quel magnifico peplo da lei stessa tessuto, pronosticando quasi un matrimonio…
Per la prima volta, mentre ero in viaggio, mi sono sentito padrone di me stesso: lo scivolare della nave sul mare, l’accoglienza come ospite onorato presso Nestore e Menelao, vedere luoghi diversi, persone diverse. A Pilo e a Sparta le donne si acconciano i capelli in maniera differente da quella che mi è familiare, e usano profumi a me ignoti. In quei luoghi ho dimenticato per un attimo la mia casa, ho anzi pensato che Itaca potesse attendere ancora qualche giorno, attendere nella luce della lontananza. Mi sono sentito avido di altri luoghi, di altra vita…poi il timore di quel che poteva accadere in mia assenza mi ha riscosso e il cuore mi ha detto di tornare.
Il racconto di Proteo, il Vecchio del Mare, mi ha avvinto e lasciato sospeso: posso davvero credere a quanto ha detto Menelao? E se Odisseo è prigioniero di una dea, come posso sperare nel suo ritorno? D’altro canto, se è vivo e in salute, non potrà non tornare. La vita ci deve la sua presenza.
Sono di nuovo a Itaca, ora. Il mio ambiguo ospite, l’indovino Teoclimeno, ha preso la via della città insieme agli altri. Non io: io desidero, almeno ora, un poco di tempo per me solo, pertanto attraverserò i campi, e alloggerò stanotte da Eumeo. Rade parole, un fuoco modesto, forse del vino. Capisce il valore del silenzio, Eumeo.
L’ira avvampa in me, cupa, sonora. Si scaglia contro la prudenza che mi ricorda che i pretendenti di mia madre non si lasceranno sfuggire una buona occasione per uccidermi, anche se forse non si spingeranno fino a organizzare un vero assassinio politico. Devo essere vigile e attento. Se davvero Odisseo tornasse, se gli mancasse al momento del bisogno proprio il mio braccio? Allora tutta la furia che covo, in vampe nascoste, spalancherà le sue nere ali di morte. Morte – desidero che muoiano tutti, nel terrore, nel pentimento senza rimedio. Quanto odio possono far nascere lo scherno e la mancanza di considerazione…
Eppure, com’è bella la sera. Quale fortuna essere qui a contemplarla, nella mia terra, solo con i miei passi e il vento che spira dal mare. Ogni suono è più vicino e nitido in questo momento, in cui tutti i colori diventano di un viola soffice come la lana delle pecore. In una sera così mi sembra di non potermi aspettare altro che una felicità improvvisa in fondo alla strada, come il brillare del vino scuro nelle ciotole. Cammino verso la casa di Eumeo come fosse un nume a condurmi e ho in petto un turbamento insolito, come quello che si prova quando si giace sulle porte del sonno e negli occhi si agitano immagini di persone familiari, e certi sguardi o gesti sono più veri che mai…
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