Si deve pur ricominciare da qualcosa. Aprire la valigia vuota e darle aria, o scegliere la biancheria e piegarla sulla cassettiera, in attesa di infilarla nel bagaglio. Lucidare le due paia di scarpe che porterai con te. Comprare un nuovo paio di occhiali da sole…
Io ricomincio da L’Autunno del Medioevo.
Lo sto leggendo assaporandolo a poco a poco; ne avevo rimossa la lettura, negli anni, non saprei dire per quale ragione. Adesso è tempo che lo legga, ho deciso in libreria qualche settimana fa.
E’ un libro dal linguaggio deliziosamente antiquato, o meglio lo è la traduzione italiana che sto leggendo; per certi aspetti ricorda la traduzione di Orgoglio e Pregiudizio pubblicata dalla BUR ancor oggi, e che risale agli anni 40.
Huizinga accompagna sulla soglia del mondo personaggi ora oscuri e minimi, i grandi del loro tempo, gli autentici VIP del 1400. E’ come se li sospingesse nella vita di oggi con mille precauzioni, con sguardi di scusa e richiesta di comprensione agli astanti, ai lettori che attendono. Si tratta di uomini, tuttavia, che una volta affacciatisi da dietro l’arazzo non hanno alcun timore a parlare di sé.
Mi ha sbalordito la capacità di dar vita ad un mondo culturale straordinariamente complesso, che ne emerge ricco e grondante, e che mi fa pensare irresistibilmente ad un arazzo: gli alberi e i cespugli sono un po’ troppo identici gli uni agli altri, i balzi dei cani da caccia irrigiditi in uno slancio ipertrofico, i ventri delle donne descrivono la stessa identica curva vegetale…e tuttavia si tratta di opere pazienti, laboriose, eseguite con precisione, spesso di dimensioni cospicue, opere che hanno sfidato i secoli e l’hanno in molti casi spuntata, composte di mille minuziosi particolari, realizzate con la precisa intenzione di non escludere nulla, non di spiegare ma di lasciare l’esercizio all’intuizione, al talento, al gusto.
(Mi piace moltissimo, quando ho l’impressione di trovarmi di fronte a qualcosa, qualcuno che onora l’anima delle cose).
Intendiamoci, ho letto palate di studi sul Medioevo, ma dar vita al passato è un talento di pochi (e trovo che in generale ci riesca molto meglio la letteratura scientifica che non la narrativa).
Questo libro mi fa pensare anche ad una delle mie opere predilette: gli affreschi incompiuti del Pisanello al palazzo Ducale di Mantova.
Non è l’incompiutezza a renderli simili, chè anzi il saggio di Huizinga è straordinariamente organizzato, limato e conchiuso, bensì lo svelamento di dettagli infinitesimali come una squama di pesce o una gemma in un castone, il discorso ampio e aureo che approda al cuore inutile di un labirinto, ad un autunno, appunto, i cui frutti cadono senza essere assaporati da nessuno…
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