Le bambine portano i capelli sciolti, con un nastro, un fermaglio che brilla fra le ciocche.
Le donne portano i capelli raccolti, severamente, crocchie e trecce che non tagliano mai ma costringono, un fanale spietato rivolto al mondo – io sono una donna – che il mondo non può fraintendere, da cui il mondo non viene abbagliato nè sedotto. E’ solo utile a indicare un ruolo e loro stesse si sono affezionate a questa prigionia. Il velo musulmano? Il bonnet vittoriano, indispensabile per uscire dalla porta, ma anche per ricevere ospiti, forse ridotto ad un fazzoletto di pizzo? In Cina le fanciulle che entravano in età da marito venivano pettinate con due lunghe trecce, poi raccolte in crocchie ordinate sulle orecchie.
I capelli che nascondono, che rivelano, per lungo, lunghissimo tempo arma riconosciuta di abbandono e lussuria (le sirene non sono forse spesso ritratte mentre si pettinano i capelli, sciolti, lunghissimi? La Belle Dame Sans Merci non imprigiona forse la preda con lunghe, irresistibili ciocche amorose? Le fate non sono forse spiriti fanciulle, efebi con chiome eternamente giovani?)
(I capelli non venivano mai tagliati, un tempo, salvo che in caso di lunga malattia o di parto debilitante: una punizione, il taglio dei capelli, per la devianza sociale?)
I capelli sono un patrimonio, un talismano, un’ossessione; dei capelli si donava una ciocca in ricordo, si intrecciavano lugubri bracciali, cornici, anelli.
Le donne e le fate di oggi sono le Winx, fanciulle farlocche, con occhi enormi, capigliature infinite che mai vengono tagliate o raccolte per decoro o per un rito di passaggio, ma solo per vanità. Crescono, le fanciulle, di serie televisiva in serie televisiva, mutando d’abito, aggiungendo un accessorio, cambiando il tacco delle scarpe: ma nessuno tocca i loro capelli se non per acconciarli sempre più vanagloriosamente (l’unica di loro a portare i capelli corti veste anche in maniera più sobria, studia senza risparmio, ha più conoscenze di tecnologia che di moda, e le viene riservato il fidanzato più sfigato del gruppo: in ogni caso, quando si trasforma, i suoi capelli si allungano – non c’è salvezza, non c’è crescita, non c’è evoluzione). L’ultima Rapunzel sintetica della Disney, dotata di venti metri di capelli dorati e di un consulente destinato unicamente all’animazione della sua chioma, col taglio dei capelli perde la sua magia, il colore dorato, i suoi poteri. Guadagna un marito e rinuncia a se stessa e al suo isolamento nella torre (è il futuro marito a tagliarle la chioma, naturalmente per il suo bene…).
Sia come sia, restiamo prigioniere. Non ci viene permesso di crescere, invecchiare, mutare nel volto: possiamo solo cambiare trucco.
Si è perso pericolosamente il mondo di trenta, quarant’anni fa, quello che ha generato consultori familiari, la legge sul divorzio, la possibilità di scegliere di interrompere una gravidanza… non ne faccio questione politica, ma memoria storica andata perduta. Le ragazze oggi ritengono normale presentarsi in un pronto soccorso e chiedere e ottenere la pillola del giorno dopo; è invece un privilegio dell’essere nate qui e ora e potremmo perderlo, potremmo dimenticare che si tratta di un diritto faticoso, un diritto da meritare con la consapevolezza del suo valore (adolescenti che pretendono d’essere donne senza pagare il dazio, questo sono). E giuro, è del tutto casuale che questi pensieri mi giungano alla vigilia dell’8 marzo.
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