Nascondersi o dire, nascondersi e dire, nascondersi per non dire. Scrivere negli abbaini, nei quaderni più piccoli, scrivere osservando intanto se qualcuno ti osserva.
Scrivere con pudore, arrossire quando ti beccano e chiedono “Che fai? Cosa scrivi?”
Forse sarebbe bene tacere del tutto. Ci sono crostate e panni da stendere senza pensiero che non sia “ci voleva più candeggina”, ci sono stoffe da tagliare, macchine da cucire, pavimenti che invitano sempre una seconda e una terza passata di straccio.
Le piante, poi: orchidee da immergere regolarmente in un bagno d’acqua e specifico concime, cactus da proteggere, il plumbago da potare, prezzemolo da tagliare lavare congelare negli appositi sacchetti ad uso di soffritti invernali.
Non mancano le cose da fare, quelle che non richiedono consapevolezza costante, quelle che si lasciano fare. La coda alla vaccinara è l’ottimo risultato di cinque ore di assenza da sé. Così andrebbe bene, sì.
Ci penso.
Cosa non fanno scrivere i pomeriggi di novembre.
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