MELUSINA

Questa Melusina si affranca da alcuni aspetti del suo mito, unicamente perché io ho deciso così. Credo fermamente che la bellezza di queste storie sia immutabile proprio perché esse possono cambiare e appartenere al narratore del momento, avvinte alla sua immaginazione e alla sua inclinazione.


A volte, nel corso di questi lunghi anni, mi assaliva il timore di questo momento. Mi svegliavo di notte, osservavo il tuo profilo tranquillo nel sonno e pensavo: “Un giorno tutto questo finirà”. Riuscivo a pensare a questo dolore, ora così terribile e così vero, solo nel buio.

Da me hai avuto ricchezze e figli prodi e famosi, castelli inespugnabili, granai pieni, sudditi felici. Hai avuto amore e dedizione, il sostegno della mia mente, le mie carezze e il potere; avevi me, Melusina, tua in ogni cosa.

Per me stessa, per appartenermi, non ho chiesto che un giorno di solitudine, ogni sabato; restare assorta con me stessa a pettinarmi, a sentire di nuovo l’acqua ristorarmi le vene, l’acqua, l’acqua dolce della fonte, come quando ci incontrammo. Ci credi? Ogni sabato sera, quando tornavo a te, era come incontrarti, e amarti nuovamente, per la prima volta.

Il tuo volto, quando hai aperto la porta, ha rivelato tutto il tuo amore, la fascinazione che ti lega a me, l’orrore per avere infranto la tua stessa felicità. Non ho visto repulsione, nei tuoi occhi. Nel silenzio, udivo solo come l’eco di un suono, le gocce che ricadevano minute sull’acqua lucida.

Tutto era bianco e verde e tu mi hai fissato come se dovessi saltare nell’acqua e in un momento ghermirmi, vanificando ogni mia difesa con il tuo abbraccio, la tua violenta tenerezza. Ho avuto paura della tua invasione amorosa, io che ho sempre vegliato alla soglia di me stessa.

Mi hai detto di dimenticare, che per te nulla è cambiato. Io ti credo. Penso anzi che il vedermi nell’acqua, cosparsa di gocce, la mia coda gloriosa, luccicante come smeraldi e zaffiri, abbia forse aumentato la tua passione per me: io ritengo, in effetti, di essere bellissima quando nuoto, i capelli liberi da veli e nastri, di nuovo ondosi, la pelle grondante rivoli d’acqua come carezze, la mia coda di serpente e di pesce finalmente srotolata.

Che sia maledetto quel tuo odioso fratello. Lui per primo ti ha insegnato a dubitare di me, ha soffiato sul fuoco della tua curiosità e della tua gelosia. Come hai potuto vedere, avevo ben ragione a mantenere segreto il motivo della mia piccola, temporanea reclusione. Era tuttavia un segreto di così poco conto, di fronte al nostro amore. Oh, perché non hai lasciato che tale restasse per sempre?

Io non posso esistere senza segreti. Devo lasciare questa terra quieta e dorata nel sole dell’estate, lasciare la mia casa, i miei figli e te, Raimondin, mio dolcissimo amore. Ti sei rivelato miglior padre per i tuoi figli che amante fedele per me. Anche questo mi aspettavo, dopotutto.

Le creature della mia natura sono forse figlie della nostalgia di voi mortali, la nostalgia di un tempo in cui uomini e dèi camminavano insieme sulla terra. E che cosa resta di noi, quando voi decidete di seguire la vostra ragione, quando vi destate dai sogni più teneri della notte, quando ci spogliate di ogni segreto per la pace della vostra mente? E quale pace hai ottenuto, infine? Il tormento dell’amore, il bisogno di me, come ben sai, non sono svaniti.

Tornerò all’acqua. Alla Fontana della Sete, sotto gli alberi. Non canterò più, come facevo il giorno che mi vedesti per la prima volta, quando arrivasti coperto di polvere, disperato per la morte che avevi provocato. Era mezzanotte e l’acqua gorgogliava appena. Tu vedesti brillare il mio vestito bianco tra le foglie…

Ora non giungerai più. Da quel momento si allontana il fuoco della mia esistenza, fino a quando mi hai spiato nel bagno, fino ad ora e oltre.

Credo tuttavia che talvolta potrò chiudere gli occhi e pensare che tu stia facendo altrettanto, sospeso nello stesso attimo. Tornerò ad essere la donna alla fontana che per sempre ti attende per dissetarti –  e ti saziò il mio canto, fu la mia voce a placarti la sete, più ancora dell’acqua. Che stupore, quell’attimo.

E ora lasciami, lascia ch’io vada, Raimondin, ora che in cuore mi brilla la meraviglia di quel momento.

Il pianto sostituirà il canto di allora. La mia voce diventerà acqua luttuosa che scorre, la pioggia sulle stoppie a novembre, il dolore del vento. Riconoscerai la mia voce?

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  1. From Hortus conclusus - RAIMONDIN on 17 Nov 2009 at 8:00 pm

    […] Mi pare di aver dato un’impressione sbagliata, recentemente: di essermi limitata a osservare un lato della medaglia e di non sforzarmi mai di guardare allo stesso fatto da due punti di vista. Cerco di ovviare, cominciando con la voce di Raimondin, dopo aver fatto parlare Melusina. […]

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